Tappa abbastanza lunga ma priva di difficoltà e molto piacevole: ci addentriamo nelle Murge camminando a ridosso dell'Acquedotto Pugliese, tra antichi pagliari (i bivacchi dei pastori) e mari di vigneti.
La chicca del giorno è però l'arrivo al meraviglioso Castel del Monte.
Segnaletica assente: bene monitorare la traccia GPS.
Lungo la via si possono incontrare cani randagi, generalmente mansueti: prestare comunque attenzione.
La parte finale della tappa si sviluppa sulla proprietà privata dell'acquedotto; in alcuni tratti sono presenti dei cancelli aperti o facilmente aggirabili.
Punti acqua assenti.
Lasciamo Spinazzola in leggera discesa (100 m D- circa), su strada bianca tra i campi, fino a immetterci su una strada asfaltata verso sinistra; al successivo incrocio svoltiamo a sinistra e subito dopo prendiamo nuovamente una carrareccia, sulla destra. Costeggiando dapprima la ferrovia, riprendendo lentamente quota, ci portiamo al limitare del Bosco di Acquatetta; quindi lo attraversiamo in salita (150 m D+ circa), passando tra i pini marittimi.
All'uscita del bosco camminiamo per diversi chilometri in rettilineo, in dolcissimo saliscendi, percorrendo il tracciato dell'Acquedotto Pugliese e superando trasversalmente un paio di strade asfaltate. Giungiamo al Bosco Finizio, lo attraversiamo e all'uscita ci troviamo circondati da un mare di viti basse: lo scenario è bellissimo.
Al successivo incrocio teniamo la destra; poco dopo, al nuovo bivio, la sinistra, giungendo in breve alla Masseria Sei Carri, proprio ai piedi del meraviglioso Castel del Monte.
Il Bosco di Acquatetta, coi suoi ben 1083 ettari, è uno dei più grandi boschi pugliesi.
Nel 2012 un tremendo incendio distrusse la fitta boscaglia composta di pini e cipressi: un vero disastro ambientale che però ha permesso a olmi e querce di riappropriarsi del proprio territorio (erano stati piantati negli anni Trenta). Questo episodio ha mostrato l'ottima capacità di ripresa di un ambiente complesso e prezioso, in cui cui diversità è un elemento di forza (numerosi sono gli alberi da frutto come fichi, noci e ciliegi).
Castel del Monte è una sintesi perfetta di complessità e semplicità. Simbolo della storia normanna d'Italia (rappresentato sulle monete da un centesimo di euro), dalla straordinaria bellezza e complessità architettonica, è stato riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell'umanità.
Fu fatto costruire nel XIII secolo da Federico II (che probabilmente non lo vide mai completato) sulla sommità di una collina, nell'altopiano della Murge occidentali, e ancora oggi non si conosce bene lo scopo per venne edificato: alcuni sostengono che la struttura sia una sintesi di conoscenze matematiche, geometriche e astronomiche e che la sua funzione fosse quella di essere una sorta di tempio dove accogliere uomini dediti al sapere e alle scienze; recenti studi, invece, vedono nelle ingegnose opere di idraulica il progetto di una sorta di hammam (complesso termale) in stile arabo.
La verità ultima ancora non c’è né forse mai vi sarà. Dopo alcuni secoli il castello venne abbandonato al suo destino e spogliato di tutti i suoi manufatti (che ci avrebbero dato delle indicazioni ben precise sul suo utilizzo), a eccezione delle chiavi di volta della crociere decorate con elementi antropomorfi, zoomorfi e fitomorfi. In epoca moderna fu un riparo per i pastori e i briganti della zona e soltanto a partire dal 1879 lo Stato italiano iniziò un'opera di restauro e conservazione del bene.
Le forme ottagonali vengono ripetute (le torri, il perimetro e il cortile) in un gioco geometrico di rara bellezza e sembrano voler rappresentare la corona ottagonale che Federico II si pose in testa a Gerusalemme nel 1129, come volesse mettere un segno indelebile nella terra dove morì.
Nella campagna dell'Alta Murgia numerosi sono gli jazzi (o iazzi): recinti di pietra per il bestiame nati nelle epoche in cui milioni di pecore transumavano dagli Abruzzi alle Puglie.
L'etimologia del nome dovrebbe derivare dal latino iceo, ovvero giacere: gli jazzi erano infatti i ripari dove i pastori si potevano fermare a riposare con le loro greggi. Generalmente lo jazzo era costruito in pendenza (favorendo il deflusso delle acque) ed esposto a sud, al riparo dai freddi venti provenienti da Nord. All'interno della struttura potevano essere presenti differenti edifici detti casoni o lamioni, che servivano come stalle per il riposo del gregge o la trasformazione del latte. Il recinto, costituito da un muro a secco, poteva essere alto fino a 2 m; a volte a coronamento del muro venivano messe delle pietre infisse orizzontalmente, come mensole sporgenti verso l’esterno, che impedivano ai lupi, o ad altri predatori, di saltare nel recinto.
Non distante dal Castello è presente la necropoli di San Magno, un'area archeologica caratterizzata da ben 80 sepolcri a tumulo, composti da enormi massi di pietra calcarea, a pianta circolare, risalenti all'età del bronzo. Probabilmente fu il luogo di sepoltura dei Dauni tra il VII e il VI secolo a.C.: nel Museo della Città e del Territorio di Corato sono custoditi i corredi funebri rinvenuti negli scavi (oggetti in ferro e vasellame).
Sempre nella zona di San Magno è possibile vedere la chiesetta di San Magno che, oltre alla funzione liturgica, svolgeva quella di neviera - luogo ove la neve veniva stipata in inverno per essere poi utilizzata nel periodo estivo.
La pianura intorno a Castel del Monte è ricoperta da vigneti i cui vini vengono raccolti sotto la Denominazione Origine Controllata “Castel del Monte”.
Pregiati sono soprattutto i rossi (uva di Troia, aglianico e bombino nero) che hanno ricevuto la Denominazione Origine Controllata e Protetta, ma sempre più sta prendendo piede la produzione di bianchi e rosé.
Agriturismo Sei Carri, alle pendici occidentali di Castel del Monte. Tel. 320 925 9050
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!