Tappa molto tosta per lunghezza, dislivello e difficoltà di orientamento (il sentiero è inesistente per diversi chilometri): riservata agli escursionisti esperti.
La fatica della lunga salita viene ampiamente ricompensata dal panorama sul Monte Morrone (2.061 m), da cui ammiriamo l'enorme mole del gruppo della Majella.
La tappa è molto lunga e faticosa, sia per il dislivello sia per le difficoltà di orientamento; si consiglia ai meno esperti di spezzarla al Rifugio Iaccio Grande.
La salita alla Sella Tremonti prima e al Monte Rotondo dopo presenta tratti molto ripidi e faticosi; bene dosare le energie.
Da Colle dei Sambuchi, la traccia sul terreno scompare per diversi chilometri e così la segnaletica: necessario monitorare costantemente la traccia GPS e intuire la direzione tra l'erba alta e il bosco, tenendosi quanto più possibile vicino al ciglione.
Unico punto acqua al Centro Visite del Lupo di Popoli (località Impianezza), a pochi chilometri dall'inizio percorso: portare un'ottima scorta, ce ne sarà bisogno.
Lasciamo Popoli portandoci nella parte alta e antica della cittadina; quindi attacchiamo la salita (200 m D+ circa) al vecchio castello, su comodo sentiero. Giunti al castello prendiamo la vecchia carrareccia, verso destra, camminando in falsopiano (saliamo di altri 200 m D+ circa, senza quasi accorgercene) fino al Centro Visite del Lupo, in località Impianezza.
Attacchiamo quindi la lunga salita a Sella Tremonti (600 m D+ circa): dopo un tratto su strada forestale, presso un tornante prendiamo un buon sentiero e la pendenza aumenta sensibilmente. Il pianoro che ospita il Rifugio Monte Corvo (incustodito) ci dà modo di rifiatare; poi torniamo su sentiero e continuiamo la ripida ascesa.
Dalla Sella Tremonti (1.293 m) pieghiamo verso sud-est e iniziamo la salita (400 m D+ circa) al Monte Rotondo, tagliando con sentiero in traverso la Schiena dell'Asino. Guadagnata la cresta, alcuni tratti di bosco rendono difficile identificare la traccia sul terreno, ma la direzione rimane molto intuitiva.
Dalla croce di vetta (1.731 m) proseguiamo lungo il filo di cresta, su sentiero non molto evidente; perdiamo lentamente quota (150 m D- circa); superato Colle dei Sambuchi, ci infiliamo nel bosco e la traccia scompare così come la segnaletica; per i 4 km successivi dobbiamo procedere a vista, cercando di costeggiare il ciglione sud-occidentale, in continuo saliscendi.
Ritrovato il sentiero, procediamo spediti fino al Rifugio Iaccio Grande (dove i più stanchi possono spezzare la tappa, ancora lunga); perciò iniziamo la salita (350 m D+ circa) al Monte Morrone. Il sentiero non è sempre evidente, ma i segnavia sono quasi sempre visibili e procediamo senza particolari difficoltà (la pendenza non è mai eccessiva) tra ampi pratoni. Dalla vetta del Monte Morrone godiamo di uno splendido panorama a 360°; splendida la vista sul gruppo della Majella e sul Monte Amaro (2.793 m).
Iniziamo la lunga discesa (1.000 m D- circa); rimaniamo per un po' sulla dorsale, quindi pieghiamo verso nord e ci infiliamo nel vallone di Iaccio della Madonna, percorrendolo interamente (in piano) fino al rifugio omonimo (altro possibile punto di sosta). Superata la struttura, con una breve salitina aggiriamo il dosso sulla destra e pieghiamo verso sud-est, riprendendo a scendere; il sentiero, mai troppo ripido, alterna tratti aerei a parti nel bosco, via via più presente. Un'ultima rampa, con pendenza più accentuata, ci conduce alla strada carrareccia; prendiamo verso destra e procediamo in piano fino a giungere in vista dello stupendo borgo di Roccacaramanico, al quale scendiamo con facile sentiero.
Ai Piedi del Monte Morrone sorge il piccolo borgo di Roccacaramanico, nato nel periodo medioevale come punto di controllo della Valle dell'Orta.
Nei secoli è stato colpito da tremendi terremoti, ma il problema più grave è stato lo spopolamento della seconda metà del Novecento (soprattutto verso Australia e Stati Uniti) che lasciò il borgo con un solo abitante: Angiolina Del Papa. L'anziana signora ha custodito il paese, facendo fronte da sola alle enormi nevicate del periodo invernale, finché, negli ultimi decenni, alcune famiglie hanno deciso di venire a vivere in questo luogo fuori dal tempo. Il borgo, ormai in stato di decadimento, è stato oggetto di un'azione di recupero conservativo.
A Roccacaramanico venne edificata la chiesa della Madonna delle Grazie come luogo di pellegrinaggio in cui poter ricevere l'indulgenza plenaria. La Chiesa voleva contrastare il dilagante fenomeno di eremitaggio dei monaci celestini, movimento nato proprio tra i monti della Majella e del Morrone e ispirato della figura di Celestino V, grande eremita. Venivano chiamati anche "Fratelli dello Spirito Santo" ed erano visti di cattivo occhio dal papa per la loro indipendenza e la portata rivoluzionaria del messaggio religioso.
Nel periodo mesozoico, circa 60 milioni di anni fa, questi luoghi erano simili alle… Bahamas: lagune circondate da scogliere con lunghe scarpate che andavano verso profondi bacini.
Mentre in tutto il resto dell'Appennino le scarpate si sviluppano da ovest verso est, qui si ha un andamento nord-sud (soprattutto nella Majella). Proprio sopra Roccacaramanico era presente quella che un tempo era la scogliera che piano piano scendeva verso il profondo bacino situato a nord (fino alle attuali Marche).
Tutto il settore nord della Majella ha le rocce impregnate di bitume. Usato già nel periodo neolitico, venne impiegato dai Romani per impermeabilizzare le navi. Questo giacimento fu tra i più importanti d'Europa e l’estrazione andò avanti fino agli anni Sessanta dell'Ottocento: il bitume fu usato prima per l'illuminazione e poi per asfaltare le strade.
Altre preziose rocce della Majella vennero utilizzate per farne mattonelle che giunsero in tutto il mondo (Washington, Parigi, Vienna..); nacquero addirittura compagnie navali dedite esclusivamente al loro trasporto.
All’ingresso del borgo di Roccacaramanico si trova il Museo etnografico Marcello De Giovanni, dove si possono ritrovare scorci della vita contadina abruzzese di un tempo.
Qui sono raccolti gli attrezzi dei mestieri tradizionali, in particolare quelli per la realizzazione di corde musicali dai budelli ovini. La produzione di corde musicali è stata un'eccellenza dell'artigianato della Val d'Orta per molti secoli e rinomati erano gli artigiani della vicina Salle.
In campagna è facile imbattersi in piccole costruzioni di pietra dette a falsa cupola, simili a dei rudimentali trulli. Costruite a secco, erano le dimore estive dei pastori non transumanti, che possedevano anche piccoli appezzamenti di grano solina o di patate.
Vale la pena prendersi un giorno per salire la vetta principale della Majella (cioè il Monte Amaro, 2.793 m), percorrendo il sentiero che risale la Rava del Ferro.
Si tratta di un’escursione lunga e faticosa (il dislivello non è indifferente, oltre 1.500 m D+ circa), ma il paesaggio marziano offerto dalla cima (la seconda più alta dell’Appennino continentale, dopo il Gran Sasso) è di indescrivibile fascino, così come gli scorci della Valle di Femmina Morta.
Il grano solina sta tornando sempre più spesso sulle tavole abruzzesi. Si tratta di una varietà antica di grano tenero che è stata sostituita nel tempo dalle varietà che meglio si adattano alla produzione industriale. La sua farina è ottima per la produzione del pane casereccio e per la pasta fatta in casa; negli ultimi anni è stata reintrodotta nel mercato locale per le sue ottime proprietà nutritive.
Lu pappone era il pasto tipico del pastore: il pane duro veniva messo a mollo con un po' di cipolla, patate, pecorino e i resti del guanciale. Dal nome e dall'aspetto poco invitante, veniva cotto tutto insieme fino a formare una poltiglia: i locali assicurano che, cucinato a dovere, è una vera delizia.
Rifugio Iaccio Grande, a metà tappa circa. Il rifugio è incustodito e occorre chiedere le chiavi (è tuttavia presente una stanza sempre aperta, vuota, dotata di un camino). Tel. 085928138 - 085 54621
Rifugio Iaccio della Madonna, nel vallone omonimo. Il rifugio è incustodito e occorre chiedere le chiavi (è tuttavia presente una stanza sempre aperta, vuota, dotata di un camino). Tel. 085922343
B&B La Taverna, a Roccacaramanico. Tel. 329 538 4599
B&B Fonte di Marco, a Roccacaramanico. Tel. 329 236 3228
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!