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Tappa

245

Piano di Prata > Santuario Maria SS al Taburno

Lunghezza
17.6
Km
Difficoltà*
E
Dislivello*
+
678
m
-
905
m
*Cosa vuol dire?

Il simbolo + indica il dislivello positivo (cioè in salita) complessivo della tappa; il simbolo - quello negativo (cioè in discesa).

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65528474
Punto di partenza
Punto d'arrivo
Punto acqua
Struttura ricettiva
Punto interesse

Una tappa abbastanza lunga, passata per la maggior parte del tempo in una bellissima faggeta. Dai tratti a mezzacosta si intravede in lontananza (cielo permettendo) il Vesuvio.

L'arrivo al Santuario è magico.

Note particolari

Nei primi 2 - 3 km il sentiero, nonostante la presenza di segnaletica, è inesistente, sepolto tra rovi e felci.

Dopodiché la tappa non presenta particolari difficoltà, ma bisogna prestare attenzione e controllare spesso la traccia GPX perché nella faggeta ci sono vari sentieri (tutti indicati con la segnaletica bianca e rossa) ed è quindi facile sbagliarsi.

Bellezza
periodo
Marzo - Novembre
PERCORRIBILITà
INTERESSE
Paesaggistico
Culturale
RAGGIUNGIBILITà
Paesaggistico
Culturale
PERCORSO

Lasciamo l'area pic-nic di Piano di Prata, camminiamo per circa 200 m su asfalto e sterrato per imboccare quindi il sentiero vero e proprio, attaccando la salita (300 m D+ ca.). Per un paio di km dobbiamo farci strada tra rovi e felci: nonostante la segnaletica sia presente (sebbene coperta dalla vegetazione), il sentiero è inesistente.

Finalmente si entra nel bosco dove il sentiero ricomincia a essere praticabile, saliamo ancora un poco e, usciti dal bosco, ci immettiamo in una provinciale andando a destra, quindi poco dopo prendiamo a sinistra per una strada asfaltata per imboccare una strada sterrata. Continuiamo in falsopiano, il cammino diventa piacevole. Rientrati in una faggeta, incontriamo dopo poco i ruderi della Casina Reale, molto suggestiva. Da lì proseguiamo in dolce saliscendi fino a che attraversiamo una piana, per poi rientrare per un breve tratto nella faggeta e arrivare a Piano Melanio, dove è facile imbattersi nel bestiame al pascolo (cavalli e vacche): il luogo è ottimo per una sosta, grazie all’area pic-nic.

Entriamo nuovamente nella faggeta fino a raggiungere, dopo qualche salitina, la radura de le Quattro Vie (ai piedi del Monte Taburno), in cui si incrociano diversi sentieri - prestiamo attenzione a imboccare quello corretto, che prosegue in leggera discesa.

Dopo qualche centinaio di metri usciamo dal bosco e ammiriamo il Vesuvio in lontananza, camminando a mezzacosta. Infine ritorniamo all’ombra dei faggi e, dopo un ultimo breve strappo in salita, affrontiamo la discesa piuttosto ripida (600 m D- ca.), tutta a zig-zag, a tratti su sentiero, a tratti su sterrato.

Sterziamo a destra e dopo l'ultimo segmento di sentiero, tutto in piano in traverso, ci godiamo il bellissimo arrivo sul retro del Santuario.

COSA SAPERE

La tappa si conclude al Santuario della SS Maria del Taburno, posto alle pendici dell'omonimo monte all'altezza di 544 m.

Come per tanti altri santuari, la leggenda vuole che la fondazione sia avvenuta in seguito all'apparizione della Madonna a una pastorella: era il 1401 e la bambina si chiamava Agnese Pepe. La piccola, mentre portava al pascolo le sue pecore, si sentì chiamare da una grotta, dove apparve una statua della Madonna con il Bambino. Nonostante la bambina fosse muta, riferì l’accaduto al padre il quale, sbalordito, raggiunse il luogo dell'apparizione insieme ai suoi compaesani. Tutti insieme si recarono dal duca di Airola per chiedere la costruzione di un santuario, secondo il desiderio della Madonna. Da allora molti furono i pellegrini che resero omaggio alla statua, in particolare molti infermi in cerca di una miracolosa guarigione.

Nei secoli il Santuario, che ospitò diversi ordini monastici, attraversò periodi altalenanti: vi furono anche tentativi di abbandono (con l'intenzione di ricostruire il Santuario più a valle), ma interventi “miracolosi” lo impedirono ogni volta. Alla fine del 1700 non c’erano più  monaci nel convento, ma il sovrano stabilì che i frati garantissero sia la presenza costante di un custode laico, per accogliere i pellegrini, sia la celebrazione quotidiana di una messa, nonché la cura della domenica in albis (la domenica successiva alla Pasqua), giornata in cui la popolazione locale tradizionalmente saliva al luogo santo. La storia contemporanea del santuario è segnata dall'abbandono dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980, a cui seguirono furti e devastazioni.

Oggi il luogo è tornato a vivere ed è possibile visitare la chiesa, impreziosita da pregevoli affreschi.


Dalle sorgenti del Fizzo, sul Monte Taburno, parte una delle opere ingegneristiche più maestose del XVIII secolo: l'acquedotto Carolino.

Voluto da Carlo di Borbone per rifornire la città di Caserta, e in particolare la reggia e i suoi giardini, nel 1997 è stato inserito tra i Patrimoni dell'Umanità dell'Unesco. Per la realizzazione dell'opera si adoperarono le migliori menti del Regno di Napoli, tra cui Luigi Vanvitelli, il famoso architetto della Reggia di Caserta. L'opera è costituita da un cunicolo lungo 38 chilometri che si snoda per lo più sotto terra.

A destare meraviglia sono i ponti, su tutti quello della Valle di Maddaloni, una gigantesca opera ingegneristica (circa 60 metri di altezza per 550 di lunghezza) che trae ispirazione dagli acquedotti romani. Costituito su tre ordini di arcate, all'epoca della sua realizzazione era il ponte più lungo d'Europa. La sua grandezza ingegneristica è comprovata anche dalla resistenza ai terremoti che negli ultimi secoli hanno martoriato il territorio senza però intaccare l'acquedotto e i suoi ponti.


Il Santuario della SS Maria al Taburno si trova nel comune di Bucciano, famoso per una canzone dei Napoli Centrale.

Il gruppo jazz-rock, guidato da James Senese, nel pezzo 'A gente 'e Bucciano racconta il dramma dell'emigrazione verso il Nord Italia della popolazione locale, mettendo in luce le criticità di un falso mito di progresso.


COSA VEDERE

Poco distante dal Santuario è presente la Grotta di San Simeone, di origine medioevale, che custodisce un enorme affresco rappresentante il santo; realizzato nel 1601, si trova in ottimo stato di conservazione.

San Simeone vescovo è il protettore dei viandanti, proteggendoli in particolare dal maltempo - infatti la mano sinistra della figura indica la scritta Ecce iam serenat: “ecco è arrivato il sereno".


A valle, non distante dal comune di Bucciano, è possibile visitare lo stupendo borgo di Sant'Agata dei Goti - conosciuto anche come "la perla del Sannio".

A colpire l'immaginario collettivo sono soprattutto le case costruite sopra la parete di tufo. Le origini del borgo risalgono al periodo dei Sanniti: infatti poco distante sorgeva la città di Saticula, divenuta poi colonia romana. Altra curiosità riguarda il nome, che non ha nulla a che vedere con la popolazione dei Goti: il toponimo risale ai feudatari di questa zona, i Drengot, e con il passare del tempo il nome è stato storpiato in quello attuale.


COSA MaNGIARE

Prodotto tipico regionale è la melannurca, una varietà di mela considerata per le sue qualità (succosa, croccante e molto profumata) la "regina delle mele".

Il tipico colore rosso, punteggiato di bianco, appare dopo la fase di arrossamento: i frutti, raccolti ancora acerbi, vengono disposti in strisce di terreno ricoperte da paglia (chiamati "melai" o "porche"), e lasciate maturare fino al raggiungimento del tipico colore. Durante il processo di maturazione le mele vengono girate a mano una a una; forse anche per la sua dispendiosa lavorazione la melannurca è stata soppiantata da altre varietà.

Oggi il suo recupero è alla base di molte iniziative locali.


Le ‘nfrennule sono una varietà di taralli salati a forma di otto, tipici del Beneventano.

Il nome deriverebbe da "frenulum", una tipologia di briglia medievale di origine normanna. I feudatari erano soliti festeggiare la stipulazione di patti con le ‘nfrennule e il vino.



DOVE DORMIRE

Santuario Maria SS al Taburno, sopra Bucciano (occorre chiedere ospitalità alla parrocchia).

COME ARRIVARE

Punto di partenza raggiungibile in macchina.


Punto di partenza NON raggiungibile in bus.

La località raggiungibile con il bus più vicina è Frasso Telesino, partendo dalla città di Benevento.

Qui il LINK per controllare gli orari.


Punto di partenza NON raggiungibile in treno.


“Il caldo di luglio ci assedia e cerchiamo riparo nella grotta di San Simeone, che sembra invitarci con la mano levata”

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Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!

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