Tappa breve e di scarso dislivello, non particolarmente spettacolare (godibile).
Camminiamo sul confine regionale tra Campania e Molise, in mezzo ai campi seminativi e ai pascoli.
Lungo il tracciato è possibile incontrare molti cani da guardia, prestare attenzione e non sfidarli (ad esempio fissandoli).
Da circa metà tappa in poi, scompare la segnaletica: occorre monitorare la traccia GPS.
Punti acqua assenti.
Lasciamo la frazione di San Marco su strada asfaltata, verso nord, prendendo gradualmente quota (200 m D+ circa) verso le pendici meridionali del Monte Saraceno. Quindi, scendiamo (200 m D- circa) sempre su strada, oltrepassando la cappella di San Donato subito dopo la località Di Florio.
Al termine della discesa passiamo su larga strada bianca e proseguiamo in leggera salita; incrociatane una asfaltata, proseguiamo verso est salendo ancora un poco, molto lentamente.
Scesi a Guado Mistongo, dove incrociamo una seconda strada asfaltata, proseguiamo tra i campi coltivati fino a rientrare su asfalto per l'ultimo chilometro e giungere così alla Masseria Pasqualone.
Il comune di Riccia fu un insediamento sannita; distrutto dai Romani guidati da Lucio Cornelio Silla, fu convertito in avamposto militare durante la bellum sociale - la guerra della Lega italica contro Roma, iniziata con la rivolta di Asculum a seguito dell'assassinio di Livio Druso, senatore romano che sosteneva la necessità di concedere la cittadinanza romana ai popoli italici.
I Sanniti Pentri, popolo guerriero che abitava l'area del Sannio (che comprendeva grosso modo l'attuale Molise, la fascia meridionale dell'Abruzzo e i territori nord-orientali della Campania), furono quelli che maggiormente pagarono le conseguenze della rivolta alla Repubblica: i Romani non dimenticarono mai le umiliazioni subite dagli irriducibili Pentri durante le guerre sannitiche.
Lucio Cornelio Silla si assicurò che il nome dei Pentri fosse cancellato dalla storia, distruggendo i loro insediamenti e praticando un vero e proprio genocidio. Ci si potrebbe addirittura chiedere se la poca notorietà della più giovane delle regioni italiane non sia un’eredità, oggi inconsapevole, di questa antica e terribile storia.
Il Bosco Mazzocca, a pochi km da Riccia, sul confine con la Campania, un tempo occupava ben 800 ettari (uno dei più estesi del Regno di Napoli); nel tempo la sua superficie è stata dimezzata per lasciare il posto a campi coltivati. Negli anni Cinquanta del secolo scorso vennero fatti i primi, lungimiranti interventi di valorizzazione e conservazione; in seguito, il bosco è diventato un sito di importanza comunitaria, a ragione delle sue foreste di latifoglie (cerro e rovere).
Luogo ideale per raccogliere funghi e frutti di bosco, ospita moltissimi animali: dal barbagianni al falco pellegrino, dai cinghiali alle faine. Molte sono le piste ciclabili e le aree pic-nic che consentono la frequentazione del bosco: passeggiare tra i suoi sentieri è come perdersi in un mondo incantato.
La foresta è molto curata e utilizzata anche per ricavare legna da ardere per i residenti. Al suo centro è stata edificata una piccola chiesa dedicata a San Giovanni Gualberto, patrono del Corpo Forestale dello Stato.
Durante la II Guerra Mondiale il Bosco Mazzocca fu teatro di molti scontri tra nazisti e Alleati; si trovano ancora le tracce di alcune trincee.
Nel borgo di Riccia spicca l'enorme torre angioina a pianta circolare, che faceva parte del castello costruito nel 1285 - quando il comune passò sotto il feudo di Bartolomeo da Capua. Nel 1799 il popolo di Riccia distrusse gran parte del castello per vendicarsi dei soprusi dei vari feudatari, lasciando integra la grande torre (alta circa venti metri), posta a picco su una roccia, sopra il torrente Succida.
Il castello fu abitato nel XIV secolo da Costanza di Chiaromonte, moglie del re di Napoli. l’angioino Ladislao di Durazzo: il sovrano la ripudiò pubblicamente durante una funzione religiosa e, successivamente, la costrinse a sposare Andrea di Capua, cui soleva dire: "Puoi vantarti di avere come concubina la moglie del tuo re."
La chiesa di Santa Maria delle Grazie, una delle più antiche di Riccia, è un importantissimo esempio di architettura rinascimentale in Molise.
La ristrutturazione dell'edificio, che sorge sopra la cripta di San Giovanni Battista, fu voluta da Bartolomeo III di Capua e al suo interno si trovano i corpi della dinastia Di Capua, a lungo feudatari del luogo. L'interno, spoglio, è impreziosito dalle finiture in pietra concia, tra cui l'acquasantiera composta da una conchiglia che contiene tre pesci, a simboleggiare la trinità.
A pochi km da Riccia, nel comune di Gambatesa, è presente un altro antico castello che in seguito a vari interventi si è trasformato in un elegante palazzo rinascimentale, arricchito dagli stupendi affreschi cinquecenteschi di Donato Decumbertino (seguace di Giorgio Vasari).
Il ciclo pittorico, commissionato da Vincenzo di Capua intorno alla metà del Cinquecento, è denso di significati legati alla mitologia e all'arte dell'antichità, e intreccia temi cristiani e classici. Sono presenti numerose sale con diverse tematiche (Salone delle Virtù, Sala delle Maschere, Sala del Pergolato, Sala del Cammino), alcune delle quali ospitano oggi mostre di arte contemporanea.
La seconda domenica di settembre a Riccia si svolge la Sagra dell'uva: per le strade del borgo, oltre a fiumi di vino, sfilano carri che raccontano dell’antica vita contadina, tra balli e musica.
Tipico dolce delle festività sono i calzoni ripieni di ceci lessi (schiacciati) e miele.
Masseria Pasqualone, in località Bosco Mazzocca. Tel. 348 101 6059
Punto di partenza raggiungibile in macchina.
Punto di partenza raggiungibile in bus partendo dalla città di Campobasso.
Qui il LINK per controllare gli orari.
Punto di partenza NON raggiungibile in treno.
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!