Tappa di media lunghezza e buoni dislivelli, in buona parte nel bosco ma con alcuni scorci panoramici davvero bellissimi e diverse chicche: dai resti archeologici di Artemisia, alla roccia bucata di Pietra Pertusata, al macigno sospeso della Tavola dei Briganti...
Unico punto acqua a metà della discesa finale: portarne buona scorta.
Lungo la discesa, dopo Tavola dei Briganti, si affrontano diversi tratti su traccia molto stretta fatta di foglie marce, piuttosto scivolose; nella medesima sezione, si incontrano diversi alberi caduti che occorre aggirare con attenzione.
Lasciamo il piazzale della Madonna del Pettoruto e attacchiamo il largo sentiero, cominciando così la nostra lunga salita (600 m D+ ca.). Il tracciato prosegue ben evidente nel fitto bosco, con pendenza regolare; giungiamo così ai resti archeologici di Artemisia, un'antica colonia greca, da cui godiamo di un bello scorcio sul complesso del Monte La Mula, antistante a noi. Da lì, procediamo in saliscendi fino a immetterci in una strada sterrata, che prendiamo a salire per giungere ad una grande sella, fuori dal bosco, con bellissimo panorama sul monte Montea (1.785 m).
Ripreso il cammino, scendiamo appena (100 m D- ca.) fino al pianoro sottostante, che attraversiamo sempre su sterrata, fino a staccarci e infilare il sentierino sulla sinistra; iniziamo così la risalita (100 m D+ ca.) verso Pietra Pertusata, a tratti molto ripida. La fatica è ricompensata dalla bellezza della roccia bucata (da cui il nome), che merita una brevissima deviazione per essere ammirata da vicino (da notare il pino loricato che cresce sulla cima della volta rocciosa).
Cominciamo perciò la lunga discesa (750 m D- ca.) che segna tutta la seconda metà della tappa. Dopo un tratto su dorsale, giungiamo a una nuova attrazione della tappa, vale a dire il macigno piatto semi-sospeso, noto come “Tavola dei Briganti". Lasciamo la dorsale e, sempre nel fitto bosco, scendiamo con decisione su stretto sentiero a mezzacosta, reso talvolta insidioso dalle foglie marce e scivolose, nonché dagli alberi caduti che ci costringono a lunghi aggiramenti. Infine sbuchiamo in un pianoro erboso, dove troviamo un abbeveratoio con acqua corrente e potabile; subito dopo passiamo su strada sterrata e proseguiamo così nel bosco, superando un bivacco aperto (detto "Rifugio Le Vasche", provvisto di tavolo e camino). Dopo alcuni km, molto scorrevoli, arriviamo su asfalto e, superati gli ultimi tornanti (durante i quali incontriamo l'ingresso alla Grotta della Monaca), giungiamo nel bel centro di Sant'Agata di Esaro.
Originario di Sant'Agata d'Esaro era Dante Castellucci, capo partigiano che operò in Garfagnana e fu uno dei fautori della Repubblica di Corniolo.
Si distinse per il suo eroismo nella banda Cervi, con il nome di battaglia Facio, preso a prestito da un famoso brigante calabrese che lottò contro i Borboni e i Piemontesi in difesa della povera gente. Grazie alle sue doti di attore, fu protagonista di numerose fughe rocambolesche.
Nonostante la sua fama fu vittima di una delle pagine nere della lotta partigiana: fu accusato di furto e fucilato dai suoi stessi compagni di lotta (sembra che si sia rifiutato di fuggire, anche se molti compagni lo volevano fare scappare).
A caratterizzare il borgo cittadino è il Tunno, una delle porte della città impreziosita da un mascherone in pietra dalla funzione apotropaica: serviva a tenere lontani i nemici e gli spiriti maligni.
Poco fuori il borgo di Sant'Agata, all'imboccatura dell’alta val di Esaro, è presente la Grotta della Monaca; inserita in un meraviglioso paesaggio, è lunga complessivamente 1,5 km.
Di notevole importanza sia dal punto speleologico che archeologico, deve il suo nome ad una concrezione di calcite che ha assunto nel tempo la fisionomia di una monaca in preghiera. All'interno della grotta sono state trovate tracce umane risalenti a 20.000 anni fa e da allora è sempre stata frequentata. Nel periodo preistorico è stata utilizzata sia come luogo di sepoltura che come miniera di ferro (goethite e lepidocrocite) e rame (malachite e azzurrite). Nell'epoca moderna è stata utilizzata per raccogliere il guano da usare in agricoltura: al suo interno è infatti presente una colonia di circa 5.000 pipistrelli, che dà il nome alla camera più grande, lunga 60 metri e larga 30.
Dal 1997 sono iniziati gli scavi archeologici che hanno portato alla luce numerosi utensili di lavoro, muretti a secco e le tracce degli scavi minerari dalla preistoria all'epoca medievale.
All'interno del borgo di Sant’Agata, non distante della porta del Tunno, c’è il Museo Storico dei Saperi e del Gusto, dove si può rivivere la storia del paese attraverso utensili e arnesi dell'artigianato locale; di particolare pregio sono i costumi tipici santagatesi.
Le vie del borgo di Sant'Agata sono colorate da lunghe collane di peperoni e peperoncini appese a seccare nei balconi del borgo.
Il peperone crusco, noto come prodotto tipico della Basilicata, è tradizionale anche di tutta l'alta Calabria. Con peperoni e peperoncini locali si realizza la sinisa (una sorta di paprika) usata per insaporire molti salumi locali.
Nella seconda domenica di novembre si svolge la Sagra della Castagna, la più antica festa della Calabria dedicata al famoso frutto.
Nel comune di Sant'Agata sono presenti numerosi produttori di miele, tra cui le Api di Arianna e La Regina (quest'ultima si occupa di produrre api regine da vendere in tutt'Italia).
La posizione tra mare e montagna dona ai mieli un profumo unico e intenso.
B&B Morano, in contrada Lupinati di Sant’Agato d’Esaro. Tel. 339 484 9315
Punto di partenza raggiungibile in macchina.
Punto di partenza NON raggiungibile in bus.
La località raggiungibile con il bus più vicina è San Sosti, partendo dalla città di Castrovillari.
Qui il LINK per controllare gli orari.
Punto di partenza NON raggiungibile in treno.
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!