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Fenomenologia del Frico

Testo di Francesco Sabatini

Foto di Sara Furlanetto e Andrea Buonopane

    

Abbiamo camminato per un mese tra le montagne del Friuli Venezia-Giulia, un territorio che ha vissuto le peggiori esperienze del XX secolo. Oggi è una regione giovane che, nonostante l'abbandono delle zone montane, ha la possibilità di scrivere un futuro diverso.

Quando si domanda ad un Friulano (mi raccomando, non a un triestino) quale sia il più importante piatto della sua regione, la risposta sarà sicuramente: il Frico. Ma quando chiede cosa sia il Frico, ogni risposta è differente. Allora, che cos'è il Frico? Per risolvere questo dilemma proveremo a fare una fenomenologia di questo piatto, come Hegel ha esplorato i fenomeni per comprendere lo Spirito assoluto.

Il frico dell'Osteria Delizie e Curiosità

Il Frico ha origini molto antiche, la prima ricetta scritta la possiamo trovare nel Libro de arte coquinara di Maestro Martino, raccolta di ricette del XV secolo. Maestro Martino fu un importante cuoco che ebbe un grande impatto nella cucina di corte di tutta Italia, lavorando in particolare a Milano alla corte degli Sforza. Ecco la ricetta del Frico scritta in italiano volgare:

 

Caso in patellecte

Piglia del caso grasso, et che non sia troppo vecchio né troppo

salato, et tagliarai in fettolini o bocchoni quadri, o como ti piace; et

habi de le padellette fatte a tale mistero; en sol fondo metterai un

pocho di butiro, overo di strutto fresco, ponendole a scaldare sopra

le brascie, et dentro gli mettirai li ditti pezzoli di caso; et como

ti piace che sia facto tenero gli darai una volta, et mettendogli

sopra del zuccharo et de la canella; et mandaralo subito in tavola, che

si vol magnare dopo pasto et caldo caldo. Item poterai conciare in

altro modo lo ditto caso brustolando, prima arrostendo al foco de le

fette de lo pane tanto che da ogni lato s'incomincino a rostire,

mettendo le dicte fette per ordine in una padella da torte; et sopra a

quelle ponerai altramente fecte di caso un pocho più sottili che

quelle de lo pane; et sopra la padella mettirai lo suo coperchio fatto

caldo tanto che 'l ditto caso s'incominci a strugere, o a squagliare.

Et facto questo gli buttarai di sopra del zuccharo con un poca di

canella, et zenzevero.

 

Maestro Martino chiamava il Frico: “Caso in Pallecte”. Quindi una cosa è sicura, il Frico si fa con il formaggio. Ma che tipo di formaggio? Maestro Martino lascia delle vaghe indicazioni: un formaggio grasso non troppo vecchio né troppo giovane. Oggi il principale tipo di formaggio che viene utilizzato è il Montasio (ai confini con il Veneto si preferisce il Piave, più salato). Il formaggio Montasio è prodotto dal XII secolo sul piano del Montasio e i primi a produrlo furono i monaci che vivevano in quelle zone. Qualcuno unisce al Montasio il Latteria o un formaggio di malga. Comunque, la disputa più accesa è quella relativa ai mesi di stagionatura del formaggio. Un formaggio stagionato (un anno o più) è fondamentale per avere un Frico con un gusto intenso e con la giusta consistenza, ma senza un formaggio giovane è difficile produrre un impasto omogeneo. Le giuste proporzioni vengono tramandate di generazione in generazione in ogni famiglia.

Tralasciando l'uso e l'abuso delle spezie (usanza tipicamente rinascimentale), la ricetta più vicina al “Caso in Patellecte” è il Frico di Resia, che è fatto solo con il formaggio e servito con la polenta.

Le patate sono diventate un bene prezioso per le coltivazioni di montagna

Nella ricetta comune del Frico oggi quasi tutti aggiungono un altro ingrediente: le patate. Ovviamente, Maestro Martino non poteva conoscere il famoso tubero in quanto non ancora arrivato in Europa dalle Americhe. Anche per le patate esistono varianti di ogni tipo. Qualcuno preferisce bollirle prima di metterle in padella, qualcun altro preferisce friggerle direttamente. Qualcuno le taglia a cubetti, qualcun altro le preferisce a fette. Qualcuno preferisce aggiungere il formaggio alle patate,qualcun altro fa l'opposto. Per farla breve, non ci sono regole. I più trasgressivi aggiungono le cipolle oppure lo speck; il vero segreto però non è negli ingredienti, bensì nelle forme e nei processi e anche per il formaggio ci sono differenti scuole di pensiero: c'è chi lo vuole tagliato a cubetti e chi lo preferisce grattugiato.

Perciò, qual è il giusto metodo per fare un buon Frico? “Como ti piace”diceva Maestro Martino. Ma una cosa è fondamentale, il mix del formaggio e patate non deve rimanere attaccato alla padella, per questo è fortemente consigliato usarne una antiaderente. Il grasso liquido prodotto dalla cottura del formaggio aiuta molto, quindi non è necessario aggiungere olio o burro. È molto importante controllare costantemente il composto, staccarlo quando rimane attaccato e, per essere sicuri che questo non avvenga, muovere la padella con un gesto rotatorio. Il passaggio più importante di questa ricetta è la creazione della crosticina: quando la superficie si comincia a dorare bisogna girare il composto perché si formi la crosticina sul lato opposto. Questo momento cruciale necessita di grande concentrazione. Il risultato è simile alla Tortilla spagnola (ma questo non andrebbe mai detto).

Deliziosa cena all'Albergo Bar da Gina di Sigiletto

Per rendere meno pesante questa “delicatissima” ricetta si consiglia di asciugare il Frico dal grasso in eccesso prima di servirlo a tavola, ancora ben caldo. Tipicamente il Frico viene accompagnato dalla polenta, una combinazione che certamente riempie anche gli stomaci più audaci. Ovviamente le variazioni sul tema sono infinite; oggi sta prendendo sempre più piede (anche nella grande distribuzione) il Frico versione snack: il formaggio viene grattugiato e cotto in padella fino a formare una versione croccante.

Pur nelle sue molteplici trasformazioni, lo spirito del Frico rimane quello di essere un piatto povero della Carnia, zona montuosa nel Nord-ovest del Friuli-Venezia Giulia: leggenda vuole che il Frico sia nato dalla necessità di ridurre al minimo lo spreco alimentare, in particolare degli avanzi di formaggio(principio in linea con i problemi del mondo odierno). Se questo è vero, perché maestro Martino ci parla del Frico? Nella preparazione di questo piatto c’è il desiderio di trasformare qualcosa di semplice in qualcosa di speciale.

Forse il Frico ci può insegnare qualcosa sul cibo e sullo spirito dei Friulani, nella sua semplicità c'è l'orgoglio e la forza di una popolazione che è stata troppo spessa divisa da confini e inutili differenze. Oggi un semplice piatto contiene migliaia di differenze sotto un unico nome, forse questa è la vera bandiera del Friuli Venezia-Giulia.

 

Un momento di Relax sotto il tendone della Festa della Capra di Timau