Testo di Francesco Sabatini
Foto di Sara Furlanetto
Uno dei vini più famosi della Puglia è il Primitivo; abitualmente questo vino è associato alla località di Manduria, nell’Alto Salento. In realtà, il vitigno è autoctono di Gioia del Colle e, qui, è stato denominato “Primitivo”: nel Settecento un parroco notò che l’uva data da questa vite poteva essere vendemmiata già ad agosto e la precoce maturazione dette il nome al famoso vino. Il Primitivo prodotto a Gioia del Colle è decisamente meno pesante di quello di Manduria e alla cantina Polvanera abbiamo incontrato chi, con freschezza e audacia, ha portato il Primitivo come vino d’eccellenza in tutto il mondo.
La cantina Polvanera è nata nel 2005 dalla passione di Filippo Cassano verso quella che è da sempre una tradizione di famiglia. Ad accompagnarci alla scoperta della cantina e dei suoi vini è Alessia Cassano, figlia di Filippo, cresciuta insieme all’azienda: “quand'ero piccola c'era una sola fila centrale di bottiglie nella cantina e poi era tutto vuoto, sono molto fiera della situazione che c'è oggi”.
Siamo nella zona delle Murge in provincia di Bari, un enorme altipiano carsico tra i monti Dauni e il Salento. Il termine Murge si fa risalire alla parola latina murex che significa “roccia aguzza”; l’intero territorio è caratterizzato dalla natura carsica del terreno, e anche la cantina di Polvanera lo è. Le bottiglie riposano in un enorme ambiente scavato nel suolo, le pareti – costituite dalla nuda roccia - sono un vero e proprio spaccato di questo territorio: “I primi anni che questa cantina fu scavata, i sali minerali nelle pareti luccicavano”, ricorda Alessia. La presenza dei sali minerali nel terreno, insieme alle escursioni termiche che si creano tra notte e giorno, dona al Primitivo una bellissima acidità e leggerezza, nonostante le alte gradazioni – fino a 17 gradi!
Diciassette è un numero fortunato per la cantina Polvanera, infatti il suo vino più pregiato si chiama Polvanera 17. Nel 2008, Filippo decise di mandare delle bottiglie della sua prima annata di primitivo (2005) a qualche guida e, non avendo ancora progettato l’etichetta, scrisse semplicemente Polvanera 17°. Quel vino si aggiudicò un Sole della rinomata guida Veronelli e la cantina fu inserita nelle venti cantine dell’anno.
Uno straordinario successo che ha posto le sue basi sulla semplicità e sulla volontà di scommettere nel proprio territorio – in un periodo in cui la Puglia non godeva delle attenzioni turistiche odierne. L’azienda, a produzione biologica, ha scelto fin dall’inizio di lavorare solo in acciaio. “Mio padre ha deciso di partire un po’ fuori dal normale, perché quindici anni fa un vino che prendeva valore era un vino che passava nel legno”, ci racconta Alessia. L’acciaio, essendo un materiale neutro, permette di valorizzare a pieno il territorio e la vite; inoltre, garantisce una migliore pulizia, preziosa per le produzioni biologiche. Grazie a questa scelta, oggi Polvanera produce ben cinque tipologie di Primitivo diverse, provenienti da piante e zone differenti.
Fiore all’occhiello della produzione sono i vini provenienti dagli alberelli di vite che circa settant’anni fa furono piantati dal padre di Filippo. Dalle affascinanti forme piegate su sé stesse, sono molto meno produttivi, ma “l’alberello di una certa età ti regala un prodotto che non ti farà mai una vite a spalliera”, ci spiega Alessia. Inoltre, hanno notato come l’alberello fosse molto più resistente ai problemi legati alla potatura rispetto ad altre tipologie di impianti. Come l’alberello della vite avvinghiandosi su stesso accresce la sua qualità e la sua resistenza, la cantina Polvenera è in continua evoluzione e costantemente tesa verso il miglioramento: da poco, sono riusciti a produrre un’etichetta senza solfiti, risultato di prove, sbagli e perfezionamenti.
Oltre alle cinque varianti di Primitivo (si consiglia la scalata dal Polvenera 14 al 17), vengono coltivati una serie di vitigni a bacca bianca. La Puglia non è rinomata per i vini bianchi, ma grazie alla particolarità dell’area delle Murge – ci troviamo a 350m s.l.m. e, in estate, si genera una notevole escursione termica – si riescono a produrre vini dalla bella acidità. Da sempre, Filippo ha creduto nel valore delle varietà tipiche come il Minutolo, che prende il nome dai piccoli acini e che fa parte della famiglia dei vini aromatici, in particolare, del moscatello selvatico. Oppure la Verdeca, un vitigno autoctono che solitamente viene vinificato frizzante o leggermente dolce, con cui è stato prodotto un ottimo orange wine – grazie anche agli alberelli di quarant’anni.
Degustiamo i vini di Polvanera in compagnia di Alessia e Donato Cosmo, fotografo e collaboratore della cantina. Siamo nel portico della masseria da cui Polvanera prende il nome (una volta qui veniva prodotto il carbone) e, in questo angolo dell’azienda, è facile farsi ammaliare dalla freschezza dei vini, dalla carica e dall’energia dalle loro parole. Ci raccontano delle leggendarie feste in cui centinaia di persone vengono a godersi la cantina tra musica, cibo e vino. Ce ne andiamo ebbri con l’immagine negli occhi delle grosse cisterne d’acciaio che all’arrivo ci avevano spiazzato. Dopo aver trascorso qualche ora tra i vini di Polvanera abbiamo capito che anche loro fanno parte del calore e della vitalità di questa cantina.