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Malghe tra mito e realtà

Testo di Francesco Sabatini

Foto di Sara Furlanetto

Dopo un lungo mese di piogge, la tarda primavera sta lentamente arrivando: le temperature si sono finalmente innalzate tra il Trentino Alto-Adige e la Lombardia e, sempre più frequentemente, ci imbattiamo in mandrie di vacche. La stagione delle malghe (nome usato in Trentino e in Lombardia per indicare gli alpeggi in quota dove gli animali, principalmente mucche, pascolano) quest’anno è iniziata molto tardi a causa della neve che copriva i pascoli. Abbiamo già incontrato molte malghe, ma erano vuote, come appisolate, e non avevamo una chiara idea di cosa fossero un alpeggio o una malga.

               Le agenzie turistiche tendono a descriverli come luoghi dove poter consumare un meraviglioso pranzo tradizionale. Si, certamente sono anche questo, ma la malga non è un ristorante. Sempre più spesso il malgaro che la gestisce la trasforma in un agriturismo o semplicemente accoglie gli ospiti che arrivano offrendo i suoi prodotti. È un modo per mantenere un’antica e complessa tradizione che ha bisogno di essere conosciuta e supportata.

               Sulle Alpi il bestiame viene portato al pascolo alto fin dall'età del ferro e ogni aspetto di questa millenaria tradizione è descritto con un articolato e specifico vocabolario, diverso per ogni zona. L’antropizzazione della montagna è collegata proprio al trasferimento degli animali in alta quota. Già nel Medioevo chi possedeva animali era obbligato a mandarli in alpeggio, ad eccezione di qualche animale da lavoro, perché durante l’estate aumentavano a dismisura le attività legate alla terra e senza gli animali si era più liberi di occuparsene; inoltre, si voleva evitare che le bestie andassero a pascolare nei campi appena coltivati, una vera e propria catastrofe per una società rurale.

Un nostalgico ex-pastore torna in questa malga in disuso vicino ai laghi di Tres

La vita dei paesi è stata, fino a qualche tempo fa, scandita dalle abitudini e dalle regole legate alla transumanza, il viaggio che uomini e animali compiono da millenni per andare dalla valle verso le montagne e viceversa. Solitamente i giorni di salita(monticazione) e quelli di discesa (demonticazione) coincidono con le feste religiose del paese di provenienza; la festa di San Giovanni Battista (24 giugno) è per molti il giorno in cui si sale in alta montagna. Gli alpeggi, situati intorno ai 2000m, non sono la prima fase della monticazione, in primavera il bestiame viene spostato in una zona, a metà tra il paese e l’alpeggio, chiamata magengo.

Abbiamo incontrato Angelo, piccolo produttore di formaggi, nel maggengo Alpe Lago in Val Malenco; ci ha spiegato che prima di lasciare le sue vacche in malga le trasferisce qui. Ciò che differenzia l'alpeggio e il maggengo è, oltre l’altitudine, la cura dei prati: quelli dei maggenghi sono molto più curati - Alpe Lago ne è un perfetto esempio - perché durante la primavera vengono falciati per fare il fieno da usare d’inverno. Questo influenza anche la struttura degli edifici che spesso hanno sotto il tetto un fienile. Angelo ci mostra la casa, di cui sta ristrutturando il fienile e il tetto (composto da piode di ardesia) in cui vive in questi mesi di lavoro nei campi. Qui, Angelo produce lo Sciumut, un formaggio morbido e dolce tipico della Val Malenco. Dopo aver munto, lascia raffreddare il latte per una notte in una piccola grotta in cui si trova una sorgente di acqua fredda. Il giorno dopo toglie la panna che è venuta in superficie e la mette nella scandola, strumento con cui produce un burro eccezionale. Il latte scremato, insieme al caglio, viene messo nel paiolo a scaldare sopra il fuoco e il fumo nel tempo, in questo rito ripetuto per centinaia di anni, ha annerito la piccola stanza.  Angelo ci spiega che è la temperatura del latte che regola la consistenza allo Scimut; se si passa il latte una seconda volta sul fuoco si avrà un formaggio pronto per una lunga stagionatura.

Angelo ci mostra il grande paiolo che usa per la cagliata

Il primo malgaro che abbiamo incontrato lungo il cammino è stato Alan; siamo arrivati alla Malga di Smaranoe Sfruz, vicino alla cima del monte Roen, molto stanchi e Alan ci ha offerto da bere. Le mucche non erano ancora arrivate, ma tutto era pronto per iniziare un’altra stagione in alpeggio. La stagione è molto impegnativa: il malgaro deve mungere gli animali due volte al giorno, portarli al pascolo e produrre il formaggio di malga, così molto spesso è aiutato da altre persone, solitamente un pastore e un casaro. Alan sale ogni primavera con la sua famiglia, la moglie Roberta, i loro due bambini (spontaneamente legati alla montagna e alla natura) e un altro in arrivo. Insieme a loro, Alan porta su le sue capre da latte (praticamente parte della famiglia) che abbiamo avuto la fortuna di provare a mungere, un’esperienza da provare una volta nella vita!  Con il loro latte, ottimo per i bambini, produce per il consumo familiare delle deliziose Cacioricotte ricoperte di pepe e rosmarino: sono fresche e delicate, ma mantengono un forte profumo di erba appena tagliata.

Alan non è il proprietario della malga, lavora per una cooperativa degli allevatori di Smarano e Sfruz, due paesini ai piedi del monte Rouen. Ci sono diversi tipi di proprietà delle malghe, nell'ultimo periodo molte sono diventate proprietà di un unico allevatore che con il suo bestiame riesce a riempire un’intera malga, ma nel passato era più comune il modello cooperativo: nascevano nei piccoli comuni consorzi di famiglie di allevatori che gestivano la proprietà della malga attraverso i propri capifamiglia, delegando poi le mansioni di malgaro, pastore e casaro. In molti comuni la produzione del formaggio coinvolgeva tutta la comunità.

Alan con la nuova arrivata

                         

A Pejo abbiamo conosciuto Riccardo Casanova, che ha scelto di lasciare un comodo lavoro per tornare alla vita contadina. Riccardo ci ha spiegato che a Pejo rimane ancora attivo l’ultimo“caseificio turnario” di tutto il Trentino Alto-Adige, usato dagli allevatori della zona per produrre formaggio. Ognuno dà una quota di latte al caseificio avendo così diritto alla caserada, ovvero riceve in cambio una certa quantità di formaggio. Fino a pochi anni fa, ogni famiglia prendeva parte a turno alla produzione, oggi c’è un casaro che produce il formaggio richiesto. Tutti i tipi di formaggi vengono realizzati a latte crudo, ciò vuol dire che il latte non subisce un trattamento termico e questo permette di mantenere meglio sapori e odori. Riccardo produce tre tipi di formaggi: il Pegaes (Nostrano) che stagiona da 4/5 mesi fino ad un anno, il Formagell e il più famoso Casolet. Quest’ultimo, il cui nome significa piccolo formaggio nel dialetto locale, è una piccola forma che veniva mangiata in famiglia durante i mesi invernali. È dolce e leggermente acidulo e Slow Food ne ha fatto un presidio, riconoscendone la genuina specialità.

Pejo è situata in Val di Sole, famosa per il Trentingrana, cugino del Parmigiano Reggiano. A valle, i grandi caseifici raccolgono il latte dei molti allevatori e il prezzo di acquisto viene deciso in base alla quantità di caseina, parte composta da proteine e grasso. Quando le mucche sono in alpeggio la quantità di latte è minore, però aumentano molto la qualità e la percentuale di caseina. Le vacche sono libere di pascolare scegliendo la migliore erba fresca, compresa l’erba medica che ha un diretto impatto sulla percentuale di caseina. Gli allevatori sono soliti lasciare un po’ di mucche in stalla per poter avere un buon mix tra quantità e qualità del latte.

Del delizioso Casolet dell'azienda agricola Riccardo Casanova

In estate Riccardo manda tutte le sue mucche in alpeggio: la produzione del latte subisce degli svantaggi, ma guadagna in qualità. Inoltre, il periodo in alta quota permette una vita migliore alle vacche che sono lasciate libere di pascolare in ampi campi scoscesi, garantendo loro un ottimo esercizio fisico, fondamentale per animali che sono abituati a passare lunghi periodi chiusi in stalla. La scelta di Riccardo non è economica, è una scelta di vita e, se visitate la sua Azienda Agricola Riccardo Casanova, potrete vedere la vita contadina genuina (che peraltro alimenta il suo gran sorriso). Riccardo all'azienda ha affiancato un piccolo agriturismo e produce anche degli ottimi affettati, come speck, coppa o pancetta, ricavati da maiali allevati con il siero, scarto della produzione del formaggio. Una vera e propria economia circolare.

Le vacche sono state nostre compagne di viaggio per mesi e abbiamo imparato a conoscere questi pacifici animali. Il collegamento tra umani, vacche e montagne è qualcosa di unico. La migliore qualità del latte si traduce in un formaggio molto più profumato,dalla crosta più gialla, un alimento che con il suo gusto trasporta direttamente tra i pascoli di alta montagna. Il formaggio di malga ci racconta di una vita fatta di duro lavoro, attese e aria fresca.

Vacche a riposo in Val di Rabbi