Testo di Francesco Sabatini
Foto di Andrea Buonopane
Attraversiamo le colline argillose del Collio Orientale sotto la pioggia, che non smette di farci compagnia. La ponka, terreno di marna e arenaria, ci imbratta i piedi mentre camminiamo tra i vitigni che coprono le colline. Dal Monte Quarin entriamo a Cormons, dove ci godiamo lo spettacolo e il meritato riposo. Scendendo verso il paese ci imbattiamo in splendide fragoline di bosco, un dolce benvenuto dalla "capitale del Collio".
Cormons è stato, fino alla Prima guerra mondiale, il confine dell'impero Austro-ungarico con l’Italia e ancora oggi il 4 novembre (celebrazione della fine della grande guerra) è festeggiato in modo anomalo perché non si sa se ricordare una vittoria o una sconfitta. Questo territorio è profondamente legato al suo passato austriaco, nel periodo di dominazione asburgica ha goduto di diversi privilegi: essendo l'ultimo baluardo dell’impero prima del territorio della Repubblica Veneziana e successivamente del regno d'Italia.
L'imperatore Massimiliano I (1459 - 1519) è ricordato ancora oggi come un buon sovrano perché tolse i dazi e le imposte per sei anni in tutto il territorio cormonese, dopo le faticose battaglie contro la Repubblica veneziana.
Sia l’Impero Austro-Ungarico sia la Serenissima ambivano a possedere le preziose colline territorio ideale per la coltivazione delle vite. Le brezze marine si stagliano sui piccoli colli che si elevano improvvisamente dando vita a vini dalla grande freschezza. La composizione del terreno è anche il suolo ideale per la coltivazione delle ciliegie le quali, dal mercato di Cormons, arrivavano ad ogni angolo dell’Impero.
Sicuramente gli ottimi vini che qui da sempre si producono avranno “fatto gola” ai governanti: la Malvasia, il prezioso Picolit, il Refosco dal peduncolo rosso, lo Schioppettino, la famosa Ribolla gialla, il Tocai friulano (oggi solo Friulano) e il Verduzzo friulano.
Anche se negli anni del boom economico furono in molti a lasciare queste colline per cercare fortuna in pianura, nel nascente "triangolo della sedia" (rinomato distretto industriale), l'amore per il vino, per il lavoro della terra e per il territorio è tuttora ben radicato. Lo sa bene Livio Feluga - storico produttore di vini- che per primo ebbe l'idea di usare come etichetta per il suo vino la mappa delle colline dove veniva prodotto. Intuì l’importanza e la potenzialità dell’indicare e mostrare i luoghi da cui nasceva il vino, anticipando di molto la Denominazione di Origine Controllata: “Queste le vigne, questo il mio vino.Ve lo offro.” (qui un’interessante intervista). Livio Feluga fu anche il primo ad intuire la necessità di creare un consorzio fra le cantine del luogo e grazie a questo i vini del Collio oggi sono conosciuti in tutto il mondo.
Il Collio si presenta in tutta la sua bellezza come uno spettacolo da vedere e da assaporare. La caratura e il valore dei suoi vini ha reso questo territorio uno dei paesaggi più interessanti nel panorama enogastronomico italiano. Il ritorno alla collina degli imprenditori (in particolare quelli del moribondo triangolo della sedia) e la genialità dei più "folli" produttori ha dato una nuova spinta a un territorio che faticava a emergere fra i tanti. Un nome spicca tra le tante realtà, è quello di Josko Sirk. Nel suo piccolo angolo di paradiso che è la Subida si trova il ristorante stellato Trattoria al Cacciatore, dove lo chef Alessandro Gavagna prepara piatti che sono il risultato di un’attenta rivisitazione della cucina povera di Friuli e Slovenia. Produzioni d'eccellenza sono famose in tutto il mondo, come i prosciutti affumicati dell'azienda agricola D'Osvaldo e le sperimentazioni dell'acetaia Sirk. A raccontarci delle sue eccellenze abbiamo incontrato un personaggio d'eccellenza, il mitico Bruno Pizzul nativo proprio di Cormons.
Un gusto e un piacere per la ricerca che spinge l'enogastronomia del Collio verso nuovi orizzonti, rendendo tutto territorio una vera e propria fornace di idee e gusti. "Il cibo stia fermo, i suoi amanti si muovano il più possibile", è il motto di questo territorio.
Se l'abbinamento cibo-vino è pressoché scontato, quello con la cultura oggi è necessario. Nelle Langhe sono state sicuramente i primi ad aver intuito la potenzialità dell'abbinamento vino-cultura, il Collio, oggi, sembra esserne un vicino parente. Infatti, numerose sono le iniziative che coinvolgono migliaia di visitatori da tutto il mondo, accolti tra le colline e le sue vigne.
A rendere l'impatto culturale dell'enogastronomia ancora più rilevante è la sua portata politica. Il Collio è una terra che si estende tra l'Italia e la Slovenia (dove viene chiamato Brda), i vitigni di molte cantine spesso si sviluppano su entrambi i lati di invisibili confini che la terra non riconosce. Questo ha permesso a molti produttori di superare le diatribe della storia e di collaborare insieme per far riconoscere questo paesaggio naturale e culturale come patrimonio di tutta l'umanità. Un territorio dalla bellezza fiabesca e, soprattutto, un territorio simbolo della pace fra i popoli. Da anni qui si produce Il vino della pace, ottenuto da vitigni di tutto il mondo piantati proprio su queste colline. Le bottiglie, impreziosite da etichette realizzate da rinomati artisti di fama mondiale, ogni anno vengono consegnate a tutti i capi di stato.
Il Collio è un esempio da seguire per abbattere barriere storiche e culturali: un brindisi comune con un piede nel passato e gli occhi nel futuro.