Testo di Francesco Sabatini
Foto di Sara Furlanetto e Andrea Buonopane
La penisola pugliese, a Nord, si innesta nell’Appennino attraverso i Monti Dauni: un sinuoso andirivieni di dolci montagne in provincia di Foggia. Tra i crinali coltivati, svettano enormi pale eoliche che caratterizzano il paesaggio di quest’area - dove il vento non smette mai di soffiare. Le pale girano veloci mentre il tempo, nei bianchi borghi, scorre lento e inesorabile: lo spopolamento ha reso difficile ogni prospettiva futura.
La situazione sta lentamente cambiando, sempre più persone si lasciano ammaliare dalle bellezze di queste montagne e dai suoi borghi arroccati. Ad Orsara di Puglia abbiamo incontrato uno dei protagonisti di questa rinascita: Peppe Zullo, il cuoco-contadino.
Con il suo istrionico sorriso, Peppe ci accoglie nella sua Villa Jamele: un’insolita masseria, costruita negli anni ’20 del Novecento, in stile inglese. Intorno alla villa, e alle due sale da ricevimento, si estendono campi coltivati e boschi. Un luogo in cui campagna e ospitalità si fondono assieme.
Ad impressionarci fin da subito, sono le capacità comunicative di Peppe: i suoi discorsi sono piacevolmente conditi da un alternarsi di espressioni dialettali e americane. Peppe negli anni ’70 partì da Orsara verso gli Stati Uniti, inseguendo il famoso american dream. A Boston aprì il suo primo ristorante Peppe’s Buongustaio, al quale seguirono altri due ristoranti sulle spiagge atlantiche del Messico. Dopo dieci anni di on and off tra America e Messico, decide di tornare alle sue roots, alle sue radici, alla sua terra. A metà degli anni ’80, Peppe fa ritorno ad Orsara e decide di aprire un ristorante anche qui. Già dagli anni ’60 la madre gestiva un piccolo chioschetto insieme all’unico distributore di benzina del paese: “siccome in quegli anni c’erano più asini che auto, ci inventammo difronte al distributore un chiosco dove vendevamo panini con la mortadella e birra peroni - oggi li chiamano street food. Poi avevamo una camera in più che affittavamo, oggi li chiamano bed and breakfast”. Ci dice con lo sguardo di chi la sa lunga.
Un ritorno alla sua terra non solo in senso figurato, ma nel senso vero e proprio del termine: accanto all’esperienza del ristorante ha subito avviato un’azienda agricola che oggi circonda Villa Jamele e la Nuova Sala Paradiso, i due ristoranti di Orsara. "Dopo tanti anni all’estero a proporre cucina italiana, ho capito che la differenza la fanno i prodotti unici che abbiamo nel nostro paese", ci dice Peppe.
Mentre passeggiamo tra i percorsi dell’orto di Villa Jamele, Peppe ci spiega l’importanza di raccontare al meglio il ritorno alla terra: “Il nostro orto fiorito oltre ad essere buono deve essere bello”. Da qui e dagli orti di Piano Paradiso – dove gli ospiti delle cinque suite si possono rifornire durante la loro permanenza - vengono raccolte la maggioranza delle verdure che sono usate nei suoi ristoranti: melanzane, peperoni, zucchine, cime di rapa, finocchi, cavoli, quattro varietà di pomodori (tra cui il vernino, che si raccoglie prima delle piogge e si conserva a lungo grazie alla sua pelle resistente) e via dicendo.
Le bordure degli orti sono impreziosite da altri ortaggi (carciofi, asparagi), odori (basilico, prezzemolo) ed erbe spontanee come la borraggine o i marasciuoli - una rughetta che dà degli splendidi fiorellini bianchi. A Villa Jamele è presente una scuola di cucina dove food lovers da tutto il mondo vengono ad imparare i segreti dei sapori autentici di queste terre: come l'uso di prodotti più semplici come le erbe spontanee che si possono trovare facendo foraging tra i Monti Dauni. La borraggine è uno dei prodotti preferiti da Peppe Zullo: la parmigiana di borragine è un sunto della sua cucina semplice e creativa, dalla terra alla tavola.
In ottobre, la zucca è la regina dell’orto. L’ortaggio diventa il protagonista dei piatti dello chef-contadino, ma, soprattutto, è un elemento fondamentale della festa di Fucacoste e Cocce Priatorje - un Halloween nostrano. Tradizione vuole che la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre, ad Orsara vengono celebrate le anime dei defunti: nelle vie del borgo si dispongono le zucche intagliate con il simbolo della croce (che simboleggino le anime dei defunti) e i fuochi di ginestre sono sparsi per il paese per consolarle.
Raccontare tutti i progetti d Peppe Zullo non è cosa semplice: la cantina, il piccolo caseificio, l’allevamento di maiali neri, il bosco dei frutti antichi - in particolare molte varietà autoctone di mele (la melannurca, la mela rosa di montacuto, la mela zitella, quella limoncella o quella gelato). Oppure il recupero del grano arso, per molto tempo considerato il cibo della vergogna, il pane dei poveri: chi non poteva permettersi il grano recuperava quello rimasto sul terreno dopo la bruciatura delle sterpaglie, ricavandone una saporita farina con cui fare il pane. Peppe Zullo ha recuperato questa usanza del passato contadino, innovandola e rendendola più salutare (il grano bruciato è cancerogeno), proponendo prodotti dal sapore antico che raccontano la storia di questo territorio attraverso numerosi prodotti come pasta, pane e snack.
Oltre che nei piatti, l’amore per il suo territorio Peppe Zullo lo ha messo in pratica fin dal suo ritorno a casa organizzando Appuntamento con la Daunia: un evento che da un quarto di secolo porta decine di produttori di questi luoghi a contatto con i food lovers e gli esperti del settore. La terra e i suoi prodotti diventano le pagine più belle per raccontare i Monti Dauni. Peppe Zullo lo sa bene e, oltre alla terra e alla cucina, è ambasciatore della Puglia nel mondo (anche all’Expo del 2015 di Milano). È anche grazie alla sua caparbietà e notorietà che Orsara è diventata città Slow nel 2007. Per definire il personaggio Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, lo ha definito: il "cuoco-contadino".
Un vero ambasciatore, che attraverso terra, gusto e un pizzico di capacità comunicative è riuscito a portare tra queste montagne ventose una folata di aria nuova. Il suo motto “simple food for intelligent people” ha fatto il giro del mondo e continua a portare il mondo in questa parte di Puglia, fuori dai soliti circuiti turistici. Chiudiamo con le sue parole che sono la sintesi del suo pensiero e dell’amore per la sua terra: “Inventiamoci qualcosa per non far andare via la gente. Oggi la tecnologia ci aiuta, potrebbe essere il momento giusto per vivere qui. Io dico sempre quando si parla di qualità della vita ‘we are what we breath’ - noi siamo quello che respiriamo. E poi ‘we are what we eat’ – noi siamo quello che mangiamo. Insomma, se tu vai nell'orto e ti mangi quello che coltivi sicuramente stai bene. Se in questi piccoli borghi ci si ritaglia un piccolo spazio e un pezzo di terra secondo me si può vivere meglio.”