Testo di Francesco Sabatini
Foto di Sara Furlanetto
Dal monastero di Castelmonte ci immergiamo nel fitto bosco che ci accompagna, lungo il confine con la Slovenia, fino alle Valli del Natisone. Quattro fiumi – Natisone, Alberone, Cosizza ed Erbezzo - danno vita alle quattro vallate che costituiscono un triangolo pieno di fascino e di mistero. Questa terra ha vissuto sulla propria pelle la violenza della guerra fredda, un periodo drammatico fatto di silenzi e di tensioni durante il quale è stato messo in atto il tentativo di cancellare culturalmente la popolazione slovena che da sempre abita queste valli. Oggi l'identità slovena delle Slavia Friulana è rivendicata con orgoglio ed è preservata attraverso l'educazione, l'arte e le tradizioni culinarie. Immergersi in queste valli significa addentrarsi in un luogo selvaggio, ricco di storia e di tesori da scoprire.
"Una volta qui erano tutti campi..." una frase sentita spesso, ma in questi luoghi a prendere il posto delle coltivazioni non è stata l'urbanizzazione, bensì il bosco: siamo di fronte ad una vera e propria foresta, interrotta qua e là da piccoli agglomerati di case. È impressionante vedere le foto di qualche decennio fa in cui queste vallate erano disseminate di campi coltivati. Si continuano a coltivare, pur in quantità decisamente inferiori, patate, ravanelli e rape che ad Obliza sono bianche e viola e hanno forma allungata. Usate per la brovada, le rape vengono fatte fermentare nella vinaccia per 40 giorni – una maniera per conservare le verdure durante tutto l'inverno - e sono servite con la carne di maiale. Inoltre, ci sono diverse varietà di fagioli, zucche a pasta gialla e a pasta bianca (con cui si fa una buonissima zuppa malonova), grano saraceno (chiamato jejda) la cui paglia veniva usata per i tetti dei fienili.
Molto più numerosi dei campi coltivati, i castagneti costituiscono da sempre un importante mezzo di sussistenza per i sette comuni delle Valli del Natisone. La castagna, che in passato era un elemento fondamentale negli scambi economici, è un prodotto unico. Veniva definito "il pane dei poveri", data la grande versatilità e il largo uso che ne veniva fatto: farine, zuppe e molto altro. Ad inizio '900 uscivano dalle Valli del Natisone fino a 4 mila tonnellate di castagne. L’importanza di questo splendido frutto è tuttora riconosciuta e tramandata anche grazie al Burniak, festa della castagna, che si svolge la terza domenica di ottobre nella piccola frazione di Tribil Superiore e attira ogni anno migliaia di turisti.
L’abbandono di queste valli va di pari passo con l’avanzare dei rovi e dei boschi che, pur essendo una risorsa, rappresentano anche un rischio per la sicurezza dei piccoli borghi: le zecche infestano questa zona e gli incendi sono un serio pericolo per le zone abitate. Una volta abbandonata la montagna, non è facile tornare indietro.
Oggi il tentativo di recupero di questi terreni è reso più difficile dal frazionamento in piccole proprietà private, eppure, nonostante le difficoltà,gli abitanti delle Valli del Natisone credono nel loro territorio e nella possibilità di poter vivere bene in questo posto incantato e molte sono le iniziative per fermare l'abbandono del suolo. Ad esempio, nei comuni di San Leonardo e Stregna è stata creata un'associazione fondiaria con lo scopo di accorpare la miriade di particelle di terreno per creare superfici più vaste da dedicare all'agricoltura.
Fermare l'avanzamento del bosco significa anche preservare i prati - splendidi quelli di Tribil- e l’incredibile varietà di erbe medicinali che vi si possono trovare. Leonardo, nativo di Topolò e rientrato nel paese natale dopo tanti anni, ci racconta, davanti ad una grappa alle erbe, che grazie a questa varietà la carne dei suoi agnelli aveva un "gusto meraviglioso": purtroppo non abbiamo avuto l'occasione di assaggiarla.
A farci da guida tra le ricchezze di queste valli ci ha pensato la signora Maria della Trattoria alla Posta di Clodig. Quella di Maria è una conoscenza antica, che si tramanda da generazioni, sull'uso delle erbe in cucina e nella farmacopea, come quelle usate per guarire le dermatiti. Tale conoscenza è una delle chiavi per capire il forte legame degli abitanti delle Valli del Natisone con la loro Benačija (nome sloveno della zona che rimanda al dominio della Serenissima in questi luoghi).
L'entrata della Trattoria alla Posta è impreziosita da uno splendido glicine che si arrampica nel patio d’ingresso: lo storico locale si presenta elegante ed accogliente. È Vida, la nipote di Maria, a guidarci alla scoperta di questo posto incantato. Iniziamo il nostro viaggio tra le erbe delle valli con una minestra di matricaria (maderjauka in sloveno), di cui si usano le foglie tritate mescolate all'uovo e al formaggio e impreziosita dal profumo di finocchio selvatico. In maggio si possono raccogliere numerosi asparagi selvatici e scoplit (silene vulgaris), così abbiamo la fortuna di assaggiare delle deliziose crepes con gli asparagi raccolti la mattina. Vida inoltre ci fa assaggiare una vera e propria chicca della casa: gli gnocchi al mirtillo, sorprendenti ed eccezionali, da provare. Maria precisa di non usare mirtilli coltivati, ma raccolti personalmente in una piccola valle che si apre dietro la trattoria. La ricotta è lavorata a mano da "nonna" Maria e le stacagne (patate e biete) sono semplicemente buone: dalla cura nella preparazione e dalla qualità dei piatti traspaiono la passione e l’amore per questo lavoro. La semplicità e l'eleganza rendono la Trattoria alla Posta un luogo unico e speciale.
Ad allietare la nostra cena ci pensa Donatella, mamma di Vida e figlia di Maria, ideatrice del museo etnografico SMO. Donatella è un vero vulcano di energia, ideatrice con altri del progetto Stazione Topolò, da anni punto di ritrovo per artisti di tutto il mondo. Donatella ci parla del ruolo fondamentale della cucina nella costruzione delle case di queste valli. La stanza del focolare costituiva il fulcro della vita in famiglia e in passato era annerita dal fumo; man mano il focolare a terra è stato sostituito da un forno-stufa chiamato Pec, ma ha continuato a mantenere il suo ruolo fondamentale in cucina e nelle dinamiche familiari. Un luogo in cui si sono trasmesse saperi, tradizioni e ricette. Nella Trattoria alla Posta ne potete ammirare un magnifico esempio, un enorme camino a focolare aperto, circondato da sedute.
Come degna conclusione non possono mancare gli strukijj lessi e la gubana bagnata con la grappa. Mentre sorseggiamo un bicchierino di sciroppo di sambuco, Tocai e erbe amare -geniale atto di mixology di Maria-, ci troviamo davanti gli occhi vivi e profondi di Maria, Donatella e Vida, che suggeriscono l'ineffabile mistero di queste valli. Il passato, il presente e il futuro sembrano scritti in questi sguardi impegnati a tramandare e a innovare il modo unico di vivere le splendide Valli del Natisone.
Trovare la maniera di continuare a vivere in montagna non è semplice e Vida ha deciso di ripulire un piccolo terreno di famiglia ricoperto dai rovi per piantare antiche varietà di mele, ciliegie e prugne. Un gesto fertile i cui frutti saranno il simbolo di un nuovo inizio per i sette comuni del Natisone.