L'ultima tra i Monti Picentini è lunga molto faticosa, per i grandi dislivelli (sia positivo che negativo); ma di grande soddisfazione.
Conquistiamo la vetta del Monte Polveracchio (1.790 m) e raggiungiamo Senerchia, uno dei borghi devastati dal terremoto dell'Irpinia del 1980.
Pur priva di particolari difficoltà tecniche, la tappa è molto lunga e faticosa, visto il dislivello: richiede ottimo allenamento.
Alcuni tratti della salita sono estremamente ripidi e su fondo polveroso, coperto di foglie: prestare attenzione ai propri passi.
In alcuni passaggi la traccia sul terreno non è chiarissima, oppure ce ne sono diverse e non si capisce bene quale seguire: occorre aguzzare lo sguardo per avvistare i segnavia (e monitorare la traccia GPS).
Usciti dal centro di Acerno, procediamo su asfalto in leggera discesa per superare il fiume Tusciano su ponte; subito dopo, imbocchiamo il sentiero sulla sinistra e attacchiamo la lunghissima salita (1.050 m D+ ca.) verso la cresta del Polveracchio, molto decisa fin dall'inizio ma tutta fortunatamente all'interno del bosco. Il primo tratto è spesso invaso dalla vegetazione e fangoso, per via dei numerosi rigagnoli che sgorgano dal terreno. Giungiamo così ad una sella attraversata da una strada sterrata, che oltrepassiamo continuando la salita su sentierino. La pendenza a tratti è davvero marcata e il terreno ora polveroso, coperto di foglie, non aiuta: il tratto è davvero faticoso e dobbiamo dosare le energie, imponendoci un passo lento e regolare.
Quindi, superando un cancello di filo spinato (ricordiamoci di chiuderlo!), guadagniamo la dorsale e con essa il paesaggio si apre verso sud. Mantenendo la linea dello spartiacque superiamo il Monte Raianetta e, dopo un breve tratto in piano sul limitare del bosco, affrontiamo l'ultimo pezzo di salita; giunti su una forestale, la seguiamo verso destra fino a raggiungere la vetta del Polveracchio (1.790 m): la vista è bellissima e abbraccia il Golfo di Salerno, la Costiera Amalfitana, il Vesuvio e persino il Vulture... a Sud-Est, scorgiamo le bastionate degli Alburni.
Procediamo sulla dorsale e subito dopo giungiamo ad un ampio pianoro, utilizzato come pascolo per le vacche; continuiamo su sentiero nel bosco (la traccia sul terreno non è sempre chiarissima nè segnavia sempre presenti) e iniziamo la lunga discesa (1.100 m D- ca.) per Senerchia. Alternando pezzi di sentiero (spesso invisibile) e carrarecce, terminiamo la dorsale e prendiamo a tagliare i tornanti di una sterrata, sulla quale poi ci infiliamo continuando la nostra discesa, lenta ma dolce. Infine, dopo un taglio su sentiero, la sterrata diviene asfaltata a giungiamo sopra l'antica torre di avvistamento del castello medievale di Senerchia: da lì imbocchiamo una scalinata che, aggirando la torre, ci porta dapprima alla chiesa di San Michele Arcangelo (retaggio del dominio longobardo), quindi alla parte antica del borgo di Senerchia, distrutta dal terremoto del 1980. Poco dopo raggiungiamo il centro del paese.
Il 23 novembre 1980, alle ore 19:34, l'Irpinia fu colpita da una violentissima scossa di terremoto, magnitudo 6.9 (X grado della scala Mercalli).
Il terremoto, che sconvolse il Sud Italia dal Vulture fino a Napoli, ebbe il suo epicentro nei pressi del lago di Conza, e Senerchia, non distante, fu uno dei paesi più colpiti dal tragico evento. L'area è stata soggetta nei secoli a vari eventi sismici, ma le cifre di quello del 1980 sono impressionanti: 3 regioni colpite (Campania, Basilicata e Puglia); 687 comuni coinvolti; 362 mila abitazioni distrutte; 280 mila sfollati; 8.848 feriti e 2.914 morti.
La scossa, che durò ben 90 secondi, mise al tappeto tutta l'area rendendo difficili i soccorsi. L'allora capo dello stato Pertini denunciò in televisione la mancanza di efficacia degli interventi di soccorso: a cinque giorni dal sisma alcuni paesi non erano stati ancora raggiunti. La vicenda che scosse profondamente l'Italia e il mondo intero. Purtroppo dopo che la scossa mise al tappeto l'Irpinia, la ricostruzione si rivelò un altro disastro tra politica, malaffare e speculazione. L'enormità di soldi pubblici sprecati nella ricostruzione è stata oggetto di indagine parlamentare.
Senerchia si trova nell'Alta valle del Sele, tra le province di Salerno e Avellino ed è attraversata dal fiume Sele.
Secondo alcuni storici tardo romani, fu lungo le sponde di questo fiume che trovò la morte Spartaco, il gladiatore condottiero originario della Tracia che scatenò la Terza guerra servile contro i Romani. Lo storico personaggio diventò esempio di eroismo, degli ideali di libertà e uguaglianza, tanto che anche Marx lo riteneva uno dei primi esempi di lotta proletaria. Non vi sono prove certe che il Sele sia il luogo dove morì, ma nel territorio sono stati ritrovati numerosi reperti di armature, corazze e spade del periodo romano.
Alcuni sostengono che il toponimo Senerchia provenga dal nome dell'oppidum romano (città fortificata) Sena Heraclea, altri invece sostengono che furono i Longobardi a dare vita al borgo.
La seconda ipotesi è sostenuta dal fatto che il primo nucleo dell’insediamento è caratterizzato dalla chiesa di San Michele Arcangelo, molto venerato dalle popolazioni barbare, e dal castello, risalente al VIII secolo, che domina l’ingresso all’Alta Valle del Sele, posto in funzione difensiva contro i saraceni e a protezione della città di Conza, luogo importante per i Longobardi dal punto di vista economico, strategico e di culto.
Il borgo vecchio di Senerchia è stato abbandonato a seguito del terremoto del 1980; all'ingresso è presente l'orologio pubblico, fermo alle 19.34 ora della scossa.
Immerso nel silenzio, tra vicoli e stradine, il borgo è caratterizzato da un piccolo torrente che lo attraversa e dalle rovine del periodo longobardo.
La vecchia chiesa di San Michele Arcangelo, patrono di Senerchia, è situata nella parte alta del borgo. In stile romanico, è composta da tre navate.
Costruita nel IX secolo dai Longobardi, è stata danneggiata dall'evento sismico del 1980. In particolare, la statua lignea del santo (XIII secolo) ha subito danni durante il crollo della nicchia in cui si trovava e purtroppo è stata ulteriormente deturpata da un maldestro restauro.
Nel comune di Senerchia è presente l'Oasi Valle della Caccia: dal 1992 il parco naturalistico, gestito dal WWF Irpinia, preserva e valorizza la biodiversità di questo luogo incantato.
L'oasi segue il percorso del torrente Acquabianca, caratterizzato dal bianco calcareo del letto del fiume, lungo il quale si possono trovare i vecchi mulini, alcuni divenuti ristoranti. Al termine del percorso si trova la bellissima cascata di Acquabianca, incastonata nella spaccatura del monte.
Nella zona sono presenti molte grotte, tra cui la Grotta del Muschio e la grotta Profunnata. Quest'ultima, esplorata nei primi anni del duemila, fu il rifugio per i briganti post unitari. Con i suoi 400 mq, la grotta presenta diversi ambienti ricchi di stalattiti e stalagmiti e una sala è impreziosita da un piccolo laghetto.
Nella vicina Valva si trova l’enorme parco della Villa d’Ayala(18 ettari), circondato da mura e contraddistinto dalla varietà del paesaggio in cui natura e arte dialogano: un bosco ceduo, due giardini all’italiana, varie grotte, statue e piccole architetture.
Nel parco sono presenti anche vari canali risalenti al periodo romano e il Teatrino di Verzura costruito nell’Ottocento.
Oltre alle sue castagne, come quelle di Montella o di Serino, l’area dei Monti Picentini dà vita ad altri prodotti tipici della montagna: funghi e tartufi. Qui si trovano tutte le principali varietà di tartufi e, in particolare nel comune di Bagnoli Irpino, cresce il Tartufo nero di Bagnoli. A Bagnoli tradizionale è il piatto chiamato “sacco del brigante": fettine di vitello, fettine di caciocavallo fresco e tartufo.
Agriturismo La Roverella, a Senerchia. Tel. 339 539 1714
Punto di partenza raggiungibile in macchina.
Punto di partenza raggiungibile in bus, partendo dalla città di Salerno.
Qui il LINK per controllare gli orari.
Punto di partenza NON raggiungibile in treno.
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!