Tappa molto intensa, per dislivello e tipo di terreno (nella seconda parte).
La fatica viene ripagata dall'incredibile scenario della Valle del Bove, di colate infinite e piante verdissime, che sembra preso in prestito dalle Hawaii.
Non tragga in inganno la poca lunghezza: la tappa mette alla prova per intensità e dislivello, da non sottovalutare.
La segnaletica, pur presente, non è sempre evidente e occorre aguzzare l'occhio.
La seconda parte del percorso, da Monte Zoccolaro in poi, avviene su traccia non sempre visibile (da indovinare), su terreno sabbioso e sdrucciolevole. Alcuni tratti sono particolarmente ripidi e lievemente esposti; talvolta occorre aiutarsi con le mani.
Punti acqua assenti, portare buona scorta.
Lasciamo Zafferana Etnea e, su strade minori, iniziamo la lunga salita (1.100 m D+ ca.) verso Monte Zoccolaro. Dopo un paio di km, prendiamo una strada sterrata sulla destra; proseguiamo in piano per qualche centinaia di metri, poi prendiamo a salire con decisione, su sentiero largo e ben segnato, protetto dal bosco, che va incrociando dei tornanti della strada asfaltata. Passiamo in prossimità di alcuni faggi secolari; non distante, alcuni belvederi ci regalano degli scorci sulla Valle del Bove sottostante.
Con pendenza decisa ma costante, arriviamo al Monte Zoccolaro (1.739 m): il panorama è splendido, con la cima del vulcano sopra di noi. Riempiti gli occhi, proseguiamo sulla cresta perdendo dapprima quota, per muoverci in saliscendi su traccia piccola, non più chiarissima. Quindi, facendo attenzione a non farci distrarre dall'incredibile panorama (ma dobbiamo godercelo, è irripetibile), affrontiamo lo strappo lungo il Canalone dei Faggi (150 m D+ ca.): la pendenza aumenta notevolmente, il terreno sabbioso è parecchio sdrucciolevole e la traccia va indovinata; talvolta occorre aiutarsi con le mani nei passaggi più ardui.
Superata la salita, ne affrontiamo una seconda (150 m D+ ca.), ben più scorrevole, verso la Serra del Salifizio; in cima troviamo dei pannelli fotovoltaici e una webcam. Procediamo in piano, quindi ci stacchiamo dalla cresta e su largo sentiero scendiamo comodamente (200 m D- ca.) fino a raggiungere la strada asfaltata; in lieve salita, giungiamo allo storico Rifugio Sapienza.
Il Rifugio Sapienza è uno dei simboli dell'alpinismo etneo e, insieme alla Capanna Margherita, è uno dei pochi rifugi a far parte dei monumenti nazionali.
Progettato durante il fascismo ma costruito soltanto nel secondo dopoguerra dal CAI, è dedicato a Giovannino Sapienza, socio della sezione di Catania. Il rifugio, situato nel comune di Nicolosi, è una base sciistica e, a differenza degli impianti più volte distrutti dalle eruzioni, è stato risparmiato dalle colate che, pur avendolo lambito molte volte, non lo hanno mai devastato.
Fenomeno magico dell'Etna è la “contessa dei venti”: i cerchi di nuvole che si formano intorno al vulcano.
Onde orografiche danno origine a fenomeni atmosferici di assoluto fascino: le correnti umide che salgono intorno alla cima dell'Etna formano delle particolari nubi ad anello, a mo’ di cappello. Sono più frequenti in autunno e in inverno, quando le correnti atlantiche rendono più umida l'area. Nella sapienza popolare, la comparsa del cappello sta ad indicare il cambio delle condizioni meteorologiche, probabilmente per l’arrivo di perturbazioni atlantiche.
Simbolo tradizionale siciliano è il carretto.
Il mezzo di trasporto a trazione equina era in uso in tutta la regione fino all'avvento della motorizzazione ed è divenuto simbolo del folklore locale grazie alle numerose e sgargianti decorazioni i cui contenuti e stili variavano da provincia a provincia, ispirandosi ai temi cavallereschi, religiosi e mitologici. Gli stili più usati erano quello del palermitano e del catanese, meno diffuso quello della provincia di Trapani. Nonostante non sia più usato come mezzo di trasporto, il carretto siciliano, oggi una forte attrattiva per i turisti, continua a essere protagonista di varie rappresentazioni cittadine.
Secondo la mitologia le eruzioni dell'Etna sono dovute agli sbuffi del gigante Tifeo o Tifone.
In seguito a uno scontro con Zeus, re dell’Olimpo, che lo sconfisse, il gigante fu trascinato attraverso il vulcano fino a finire sotto la Sicilia, con le braccia verso Capo Peloro e Capo Passero (rispettivamente i due estremi della costa orientale della Sicilia), i piedi congiunti a Lilibeo (Trapani), come fosse crocifisso, e la testa proprio sotto ‘a muntagna - nome che i locali danno all’Etna.
Il più grande spettacolo dell'Etna è sicuramente la Valle del Bove (visibile anche dal satellite), creatasi, secondo alcuni studiosi, con l'eruzione che migliaia di anni fa distrusse il vulcano primordiale Trifoglietto. Vista dall’alto è una fetta mancante al cono vulcanico, come una fetta di torta asportata con la paletta.
Si trova nello “spicchio” di vulcano amministrato dal comune di Zafferana Etnea ed è larga ben cinque chilometri, con una superficie di 37 kmq. Appare come un'area desertica in cui hanno continuato a scendere le colate laviche e in cui si trovano a sprazzi le dagale, (termine arabo che indica le piccole isole verdi in cui la vegetazione continua a vivere), circondate dalla nera lava pietrificata. Numerose e contorte sono le formazioni rocciose, chiamate “dicchi", che danno vita ad un paesaggio profondamente suggestivo.
Tra i numerosi dolci siciliani ci sono le cassatelle di Agira, dei panzerotti ripieni di una farcia con cacao, ceci, mandorle, cannella e limone.
Diffuse in tutta la Sicilia orientale, sono realizzate con la pasta frolla a forma di mezzaluna. Di origine antica, alcuni la fanno risalire alla cucina del ceto nobiliare spagnolo.
Dolci molto particolari sono gli ‘mpanatigghi, biscotti ripieni di mandorle, noci, zucchero, cannella, chiodi di garofano, cioccolato e… carne di manzo.
Tipici di Modica, si dice siano stati inventati delle suore per nascondere la carne durante i periodi di Quaresima, anche se il nome (molto simile alle empanadas) fa pensare alle influenze spagnole e ai classici sapori dell'America ispanica. Esiste anche una versione a torta, con le melanzane al posto del manzo.
I caliceddi sono dei deliziosi broccoletti selvatici che crescono nei vigneti, tipici della zona pedemontana dell'Etna - ma diffusi in tutto il Mediterraneo.
Dal gusto amarognolo, sono il perfetto accompagnamento per la salsiccia e altri cibi grassi. Si trovano da autunno a primavera.
Rifugio Sapienza, in località Nicolosi Nord. Tel. 095 915321
Rifugio-bivacco Galvarina, circa 9 km dopo il Rifugio Sapienza, sulla tappa del giorno successivo (provvisto di camino, due panche e un tavolo, occorre avere un materassino e sacco a pelo). Sempre aperto.
Punto di partenza raggiungibile in macchina.
Punto di partenza raggiungibile in bus, partendo dalla città di Catania.
Qui il LINK per controllare gli orari.
Punto di partenza NON raggiungibile in treno.
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!